BLOCKCHAIN: verso un futuro decentralizzato.

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Venerdì 7 Dicembre 2018 l’incontro dei soci UBES è stato incentrato sulla nuova tecnologia Blockchain ponendo l’accento sulle future applicazioni ed eventuali criticità.

Inizialmente si è definita la categoria di appartenenza della Blockchain, che fa parte delle cosiddetti Distributed Ledger Technologies. Dunque è principalmente un modo innovativo di condividere i dati tra più parti mediante libri mastro condivisi e in tal senso è stata definita impropriamente come “Nuova Internet”. Le applicazioni sono numerosissime (Finanza, Governance, Pagamenti, Smart Contracts, voto, Internet Of Things ecc…) e i vantaggi derivano da quattro caratteristiche proprie di questo particolare tipo di database: trasparenza, poiché la Blockchain è aperta e visibile a tutti i partecipanti; immutabilità, poiché i dati delle transazioni non possono essere modificati; sicurezza, poiché le transazioni non dovrebbero essere in linea di principio revocabili; decentralizzazione, poiché i dati non sono gestiti da un organismo centrale ma da più “nodi”.

La tecnologia sottostante è stata concettualizzata negli anni ’90 da tre ricercatori statunitensi e ha avuto varie applicazioni nello stesso decennio quali le valute virtuali dell’ E–Gold e il DigiCash, poi fallite a causa di problemi di sicurezza e normativi. Nel 2008 un soggetto anonimo, Satoshi Nakamoto, pubblicò on-line un paper riguardante il concetto di Bitcoin e lanciò la criptovaluta l’anno successivo, creando di fatto la prima applicazione riuscita della Blockchain. Tuttora ai più non è molto chiaro come possa funzionare e per questo è possibile esemplificare una transazione, per cui ogni qualvolta un soggetto voglia effettuare un pagamento si crea un “blocco” (criptato tramite un codice alfanumerico che si chiama “hash”) che entrerà a far parte dei libri mastro dopo la validazione da parte di tutti i partecipanti. Si distinguono tre tipi di Blockchain a seconda della modalità di accesso che può essere aperta a chiunque o chiusa in base a determinati requisiti e del tipo di controllo, per cui è possibile che l’operazione sia validata da ogni partecipante o da un gruppo ristretto. Esistono numerose problematiche che riguardano i profili regolamentari, l’elevata capacità di storage, la non interoperabilità delle piattaforme dedicate e la capacità computazionale richiesta per eseguire gli algoritmi alla base di alcuni tipi di Blockchain.

Successivamente si sono trattate le applicazioni pratiche della tecnologia partendo dalle criptovalute. Tra le tantissime esistenti (Monero, Ripple, Litecoin, Dogecoin ecc..) sono state oggetto di analisi il famoso e controverso Bitcoin, la criptovaluta alla base degli Smart Contracts cioè Ethereum e Dash, famosa per il sistema di gestione in parte centralizzato in maniera da velocizzare le transazioni. Tuttavia le criptovalute non sono l’unica applicazione possibile per questa tecnologia, che è stata utilizzata per numerosi progetti nei settori più disparati come salute, mobilità, supply-chain, settore bancario e addirittura le elezioni in Sierra Leone. Sono state analizzate poi delle start-up ad alto potenziale con alla base questa tecnologia tra cui Helbiz (fondata dall’imprenditore Italiano Salvatore Palella e operante nel settore della mobilità e dello sharing di vetture), Shivom (nata per semplificare l’accesso ai test del DNA e per garantire una forma di retribuzione per i soggetti il cui DNA fosse impiegato in degli studi), FidentiaX (piattaforma per la compravendita e lo scambio di polizze assicurative), Propy (che si propone come tres d’union tra professionisti e acquirenti nel settore dei trasferimenti di proprietà transfrontalieri) e Choon (una piattaforma di streaming con un metodo di retribuzione non mediata per gli artisti che pubblicano le loro canzoni).

Particolarmente interessanti appaiono anche i potenziali utilizzi dell’infrastruttura nell’ambito dei servizi finanziari, considerato che negli ultimi anni gli investimenti sono cresciuti esponenzialmente e l’aspettativa per il 2019 supera di ben 100 milioni quella del 2018. In Italia un gruppo composto da 16 banche ha iniziato a sperimentare la tecnologia nell’ambito del procedimento di spunta interbancaria seguendo un trend internazionale che ha visto numerose sperimentazioni in ambiti come lo scambio di asset, la gestione di riserva cassa, l’esecuzione e insediamento commerciale e la registrazione di risorse fisiche. Di particolare rilievo dal punto di vista industriale appare il progetto open source della fondazione Linux noto come Hyperledger. Nato nel 2016 dalla collaborazione di INTEL e IBM oggi prevede più di 200 partner commerciali e si è articolato in 6 ulteriori progetti volti alla creazione di una infrastruttura per la condivisione di informazioni commerciali e l’esecuzione di transazioni in maniera neutrale, favorendo l’informazione e il dialogo sulla tecnologia e creando terreno fertile per ulteriori sperimentazioni. Hyperledger Sawtooth in particolare permette la tracciabilità, mediante l’apposizione di sensori collegati a un network, di qualsiasi bene in maniera sicura e non modificabile, garantendo la provenienza degli stessi con effetti particolarmente positivi sul commercio in settori in cui è difficile garantire la qualità dei prodotti data l’elevata presenza di intermediari non fidati.

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Infine si sono analizzati alcuni profili regolamentari e normativi della Blockchain partendo dagli Smart Contracts. Questo tipo di tecnologia è stata definita per la prima volta negli anni ’90 dal giurista, informatico e crittografo ungherese naturalizzato statunitense di nome Nick Szabo. Non sono un termine presente in alcuna normativa e indicano in ingegneria un protocollo computazionale di transazione volto all’esecuzione di termini contrattuali in maniera da diminuire la necessità di intermediari fidati e i costi derivanti dal caso o dalla mala fede delle parti. Un esempio per la realtà degli anni ’90 sono i POS ma oggi per parlare di Smart Contracts è necessario che operino automaticamente in un ambiente DLT. I vantaggi di questa applicazione appaiono evidenti al confronto con i cosiddetti Dumb Contracts che sono i contratti come tradizionalmente previsti dal Codice Civile, poiché si evitano gli errori derivanti da compilazione manuale, la transazione è sicura e criptata, l’esecuzione richiede pochissimo (minuti invece di anni in caso di risoluzione giudiziale per inadempimento) e in generale non sarebbe necessario il ricorso a avvocati e a intermediari fidati. Tuttavia quest’ultima affermazione va valutata con attenzione sotto due profili. Sotto il profilo della sicurezza il caso DAO (acronimo di Decentralized Autonomous Organization, un’organizzazione basata su insieme di Smart Contracts hackerata nel 2016) ha posto l’accento sulle problematiche relative all’effettiva tenuta da un punto di vista di cybersecurity della tecnologia. Inoltre, sotto il profilo della necessità di esperti in diritto in fase di negoziazione e esecuzione, alcune clausole quali le clausole di forza maggiore, di eccessiva onerosità sopravvenuta o che prevedano l’esecuzione in termini ragionevoli necessitano in ogni caso l’intervento umano poiché non è possibile esprime un grado così elevato di indeterminatezza in semplice linguaggio macchina senza l’ausilio di un terzo umano.

Altro aspetto posto in rilievo è stato quello della disciplina delle cosiddette Initial Coin Offerings. Questa forma di finanziamento online prevede l’emissione di “token” (criptovalute dedicate) da parte di una società alla ricerca di capitali. Sono create sul calco delle Initial Public Offerings, operazione di mercato che prevede che una società che si voglia quotare emetta dei titoli al fine di finanziarsi. Al di là del fine comune permangono delle differenze notevoli tra le due modalità di finanziamento riguardo la differente durata, il pubblico a cui si rivolgono, l’affidabilità e soprattutto la regolamentazione. A differenza delle IPO, le ICO hanno una regolamentazione pressoché nulla nella maggior parte degli ordinamenti, nonostante abbiano un volume miliardario e abbiano superato per entità gli investimenti in tecnologia Blockchain derivanti da Venture Capital. Per tracciare un quadro normativo è necessario dunque guardare alle varie tipologie di “token” che possono essere emessi distinguendo tra criptovalute vere e proprie, strumenti finanziari (security token) e utility token. La prima classificazione è avvenuta negli Stati Uniti in merito al caso The DAO. La Security and Exchange Commission Statunitense (un’equivalente della nostra CONSOB) definì per la prima volta i token emessi dalla DAO come dei contratti di investimento in valori mobiliari e come capitale di rischio, facendoli rientrare nella apposita disciplina del Security Act. Tale provvedimento è stato il primo del genere e ha fatto da apripista a livello globale. Oggi abbiamo alcuni stati come la Cina e la Corea del Sud che vietano le ICO in attesa di ulteriori sviluppi normativi, alcuni come la Svizzera, l’Estonia e il Giappone che prevedono normative di favore e la maggior parte degli stati in cui vi è un approccio on-the-case in base al tipo di token. In particolare in Italia per le criptovalute si applica il D. Lgs. 90/2017 in materia di valute virtuali e la normativa antiriciclaggio per i soggetti che le scambino, il Testo Unico della Finanza, il MiFID II e i regolamenti CONSOB in materia di strumenti finanziari per i Security Token e le norme del Codice del Consumo riguardo alla corretta stesura di un prospetto informativo per gli Utility Token, oltre che le norme in materia di comproprietà.

L’incontro si è concluso con una discussione riguardo le prospettive future per la tecnologia. E’ emerso che molto probabilmente la Blockchain acquisirà crescente importanza negli anni a venire e in tal senso sarà necessario acquisire conoscenze specifiche per risultare più appetibili nel mercato del lavoro. Al di là della riuscita o meno della tecnologia, poi, pare utile un dibattito sereno che vada al di là del circo mediatico che è stato costruito intorno a quella che è essenzialmente un’infrastruttura innovativa con infinite applicazioni oltre quelle evidenziate nell’incontro e, soprattutto, oltre i Bitcoin e le criptovalute da cui ne deriva in parte la pessima fama.

Daniele Vincenzo Rizzo

Autore: UBES

USiena Business & Economics Society - Prima Society Studentesca dell'Università pubblica italiana - facebook.com/ubes.society twitter.com/ubes_society ubes.society@gmail.com

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