La consueta riunione settimanale del 23 marzo di USiena Business & Economics Society si è concentrata sulla presentazione da parte dei soci di un tema molto attuale, la Green Economy.
La scelta dell’argomento è stata motivata dalla portata del fenomeno che, nato inizialmente come tema prettamente ecologico ed ambientale, si è andato sviluppando fino ad essere considerato come impulso ad un cambiamento di rotta del sistema economico dominante, verso i temi della sostenibilità e della responsabilità socio-ambientale.
Ad occuparsi dell’argomento sono stati i soci Valentina Di Gennaro, Ornella Moro, Lorenzo Mecacci e Marcella Caruso, che afferendo a diversi corsi di studio, hanno focalizzato la propria attenzione sull’aspetto della green economy a loro più congeniale, muovendosi da una panoramica puramente economica del fenomeno ad aspetti manageriali e di marketing, fino ad arrivare alle implicazioni sui mercati finanziari.
Quando si parla di green economy non è infatti possibile riferirsi ad un fenomeno circoscritto, trattandosi invece di una vera e propria transizione da un sistema economico basato unicamente sul prodotto interno lordo e orientato alla massimizzazione del profitto, ad un sistema inclusivo che assicuri uno sviluppo sostenibile, attraverso l’integrazione di politiche di sviluppo economico, ambientali e sociali.
L’intervento si è aperto con un excursus delle tappe fondamentali della green economy, a cominciare dalla definizione coniata dall’UNEP (United Nations Environment Programs) che, sebbene non univoca, definisce il fenomeno come il “sistema di attività economiche col fine di migliorare il benessere umano nel lungo termine, l’equità sociale e che, al contempo, riduce i rischi ambientali”.
Successivamente i soci sono passati a delineare come la green economy, per passare da semplice concetto a effettiva trasformazione economica, debba essere sostenuta da specifiche condizioni normative (regolamenti nazionali specifici, politiche ad hoc, sovvenzioni ed incentivi) e tecnologiche.
Affinché possa essere supportato un effettivo cambio direzionale a livello economico, è inoltre necessario orientare le scelte di consumo e d’investimento degli operatori economici, attraverso strategie aziendali e campagne di marketing orientate alle questioni socio-ambientali, nonché iniziative di educazione finanziaria.
A tal proposito, cresce la consapevolezza a livello imprenditoriale che un orientamento alla sostenibilità e al benessere sociale, possa determinare risultare positivi nel lungo periodo. Le strategie aziendali di piccole e grandi imprese, hanno perciò dapprima inglobato i temi delle Corporate Social Responsibility (CSR), in modo da considerare nelle decisioni strategiche la gestione delle problematiche di impatto sociale ed etico. Successivamente, il paradigma aziendale è stato ampliato inserendo ai requisiti ESG (Environmental, Social e Governance), in modo da includere anche la questione ambientale nei processi produttivi delle aziende, attraverso il ricorso alle energie rinnovabili, il riciclo e la lotta agli sprechi.
La questione ambientale è divenuta, in molti casi, fulcro delle strategie di marketing delle imprese. Il Green Marketing, come definito dall’American Market Association, mira alla produzione, distribuzione e promozione di prodotti, sulla base di criteri di tipo ecologico, puntando sull’importanza della comunicazione che contribuisce a superare i contrasti tra materie apparentemente in contrasto, come marketing ed ecologia.
I soci hanno continuato delineando i rischi delle pratiche che affiancano alla realizzazione di profitti finanziari, quella di benefici sociali ed ambientali, soffermandosi particolarmente sul rischio di Greenwashing. Si tratta di un marketing di facciata, che mira a un miglioramento della reputazione aziendale, senza incidere realmente sulla sostenibilità ambientale dei processi produttivi. Basti pensare agli scandali che hanno interessato grosse multinazionali come Volkswagen, coinvolta nello scandalo dieselgate per le emissioni fuori scala di monossido di azoto (NOx) dei motori diesel, pubblicizzati come “motori puliti”, o il caso Coca-Cola, oggetto dell’avvertimento dell’Autorità danese garante dei consumatori, per la pubblicità fittizia di bottiglie costituite da materiale di origine vegetale.
L’ultima parte della presentazione si è concentrata, invece, sulle opportunità che la green economy può offrire per uscire dalla crisi e sulle relative implicazioni per i mercati finanziari.
A seguito del Summit Rio+20 del 2012, molti sono stati i programmi nazionali ed internazionali lanciati a sostegno di una crescita orientata ai valori della green economy. In particolare, l’Unione Europea ha infatti posto in essere una strategia che contribuisca a realizzare una crescita intelligente, sostenibile ed inclusiva, puntando sull’istruzione e l’innovazione, su un più efficiente utilizzo delle risorse e su una maggiore competitività. L’obiettivo è la migrazione verso un’economia a basse emissioni di carbonio, che favorisca il benessere delle comunità, attraverso investimenti in energie rinnovabili, progetti che promuovano l’efficienza energetica e infrastrutture resilienti ai cambiamenti climatici.
Una transizione di questo calibro necessita dell’investimento d’ingenti capitali, che i governi, indeboliti dalla crisi finanziaria, non sono capaci di sostenere. Necessario è quindi il ricorso ai capitali privati, generati dai mercati finanziari, attraverso forme d’investimento innovative che attraggano numerosi investitori, come per esempio il mercato dei green bond, strumenti finanziari volti al finanziamento di progetti climatici e ambientali. La crisi finanziaria ha tuttavia determinato una sorta di fallimento dei mercati finanziari basati sull’indebitamento, necessaria è quindi una riforma che punti ad aumentare gli investimenti d’impatto, prevedendo un sistema di incentivi ed agevolazioni fiscali per gli investimenti in iniziative ecologiche.
A cura di
Valentina Di Gennaro
Ornella Moro
Lorenzo Mecacci
Marcella Caruso