Green Economy: un fenomeno in continua evoluzione

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La consueta riunione settimanale del 23 marzo di USiena Business & Economics Society si è concentrata sulla presentazione da parte dei soci di un tema molto attuale, la Green Economy.

La scelta dell’argomento è stata motivata dalla portata del fenomeno che, nato inizialmente come tema prettamente ecologico ed ambientale, si è andato sviluppando fino ad essere considerato come impulso ad un cambiamento di rotta del sistema economico dominante, verso i temi della sostenibilità e della responsabilità socio-ambientale.

Ad occuparsi dell’argomento sono stati i soci Valentina Di Gennaro, Ornella Moro, Lorenzo Mecacci e Marcella Caruso, che afferendo a diversi corsi di studio, hanno focalizzato la propria attenzione sull’aspetto della green economy a loro più congeniale, muovendosi da una panoramica puramente economica del fenomeno ad aspetti manageriali e di marketing, fino ad arrivare alle implicazioni sui mercati finanziari.

Quando si parla di green economy non è infatti possibile riferirsi ad un fenomeno circoscritto, trattandosi invece di una vera e propria transizione da un sistema economico basato unicamente sul prodotto interno lordo e orientato alla massimizzazione del profitto, ad un sistema inclusivo che assicuri uno sviluppo sostenibile, attraverso l’integrazione di politiche di sviluppo economico, ambientali e sociali.

L’intervento si è aperto con un excursus delle tappe fondamentali della green economy, a cominciare dalla definizione coniata dall’UNEP (United Nations Environment Programs) che, sebbene non univoca, definisce il fenomeno come il “sistema di attività economiche col fine di migliorare il benessere umano nel lungo termine, l’equità sociale e che, al contempo, riduce i rischi ambientali”.

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Successivamente i soci sono passati a delineare come la green economy, per passare da semplice concetto a effettiva trasformazione economica, debba essere sostenuta da specifiche condizioni normative (regolamenti nazionali specifici, politiche ad hoc, sovvenzioni ed incentivi) e tecnologiche.

Affinché possa essere supportato un effettivo cambio direzionale a livello economico, è inoltre necessario orientare le scelte di consumo e d’investimento degli operatori economici, attraverso strategie aziendali e campagne di marketing orientate alle questioni socio-ambientali, nonché iniziative di educazione finanziaria.

A tal proposito, cresce la consapevolezza a livello imprenditoriale che un orientamento alla sostenibilità e al benessere sociale, possa determinare risultare positivi nel lungo periodo. Le strategie aziendali di piccole e grandi imprese, hanno perciò dapprima inglobato i temi delle Corporate Social Responsibility (CSR), in modo da considerare nelle decisioni strategiche la gestione delle problematiche di impatto sociale ed etico. Successivamente, il paradigma aziendale è stato ampliato inserendo ai requisiti ESG (Environmental, Social e Governance), in modo da includere anche la questione ambientale nei processi produttivi delle aziende, attraverso il ricorso alle energie rinnovabili, il riciclo e la lotta agli sprechi.

La questione ambientale è divenuta, in molti casi, fulcro delle strategie di marketing delle imprese. Il Green Marketing, come definito dall’American Market Association, mira alla produzione, distribuzione e promozione di prodotti, sulla base di criteri di tipo ecologico, puntando sull’importanza della comunicazione che contribuisce a superare i contrasti tra materie apparentemente in contrasto, come marketing ed ecologia.

I soci hanno continuato delineando i rischi delle pratiche che affiancano alla realizzazione di profitti finanziari, quella di benefici sociali ed ambientali, soffermandosi particolarmente sul rischio di Greenwashing. Si tratta di un marketing di facciata, che mira a un miglioramento della reputazione aziendale, senza incidere realmente sulla sostenibilità ambientale dei processi produttivi. Basti pensare agli scandali che hanno interessato grosse multinazionali come Volkswagen, coinvolta nello scandalo dieselgate per le emissioni fuori scala di monossido di azoto (NOx) dei motori diesel, pubblicizzati come “motori puliti”, o il caso Coca-Cola, oggetto dell’avvertimento dell’Autorità danese garante dei consumatori, per la pubblicità fittizia di bottiglie costituite da materiale di origine vegetale.

L’ultima parte della presentazione si è concentrata, invece, sulle opportunità che la green economy può offrire per uscire dalla crisi e sulle relative implicazioni per i mercati finanziari.

A seguito del Summit Rio+20 del 2012, molti sono stati i programmi nazionali ed internazionali lanciati a sostegno di una crescita orientata ai valori della green economy. In particolare, l’Unione Europea ha infatti posto in essere una strategia che contribuisca a realizzare una crescita intelligente, sostenibile ed inclusiva, puntando sull’istruzione e l’innovazione, su un più efficiente utilizzo delle risorse e su una maggiore competitività. L’obiettivo è la migrazione verso un’economia a basse emissioni di carbonio, che favorisca il benessere delle comunità, attraverso investimenti in energie rinnovabili, progetti che promuovano l’efficienza energetica e infrastrutture resilienti ai cambiamenti climatici.

Una transizione di questo calibro necessita dell’investimento d’ingenti capitali, che i governi, indeboliti dalla crisi finanziaria, non sono capaci di sostenere. Necessario è quindi il ricorso ai capitali privati, generati dai mercati finanziari, attraverso forme d’investimento innovative che attraggano numerosi investitori, come per esempio il mercato dei green bond, strumenti finanziari volti al finanziamento di progetti climatici e ambientali. La crisi finanziaria ha tuttavia determinato una sorta di fallimento dei mercati finanziari basati sull’indebitamento, necessaria è quindi una riforma che punti ad aumentare gli investimenti d’impatto, prevedendo un sistema di incentivi ed agevolazioni fiscali per gli investimenti in iniziative ecologiche.

 

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A cura di

Valentina Di Gennaro

Ornella Moro

Lorenzo Mecacci

Marcella Caruso

A Brief overview of Food Manufacturing Sector: Kellogg’s Case Study

Venerdì 17 Marzo i membri di USiena Business & Economics Society hanno focalizzato la loro attenzione sul settore del Food Manufacturing. Nello specifico è stato trattato un case study, relativo ad una precisa gamma di prodotti oggetto dell’offerta di un’azienda molto rinomata, nonché leader nel settore mondiale dei cereali da prima colazione, la Kellogg’s Company, la cui fondazione risale al lontano 1906 ad opera dello Statunitense William Keith Kellogg.

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I Nostri soci Marzia Russo, Matteo Riccardo e Gabriele Caggiano, illustrando le dinamiche alla base del Nutri-Grain Case Study, hanno esposto le strategie implementate dalla Kellogg’s company finalizzate al rilancio sul mercato di un prodotto ormai “Cristallizzato” in fase di maturità prossima al declino.

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Nutri-Grain Products :

Nonostante la Kellogg’s sia la compagnia Americana che detiene il primato mondiale nel business dei cereali da prima colazione, l’azienda non manca di intense politiche di diversificazione, infatti quest’ultima opera in diversi settori pertinenti al suo Core Business, tra cui il settore del “Convenience Food”: in quest’ultimo contesto si inseriscono i prodotti brandizzati Nutri-Grain. La vasta gamma di Prodotti Nutri-Grain, grazie al comodo e pratico “Format” e le sue proprietà “Light” fu originariamente pensata al fine di soddisfare le esigenze di due tipologie precise di consumatori : 1) Lavoratori indaffarati 2) Donne attente alla linea.

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Problems :

Le problematiche relative al precipitoso calo delle vendite dei prodotti Nutri-Grain si manifestarono durante la fase di maturità del ciclo di vita del prodotto. La perdita di profitto fu causata dal precipitoso ingresso sul mercato di Competitors aventi come oggetto della loro offerta prodotti estremamente simili quelli Nutri-Grain, differenziati da alcune caratteristiche che li rendevano più penetranti all’interno del mercato. L’ingresso di aziende concorrenti determinò da un lato l’ncremento del tasso di crescita del mercato del convenience food di circa il 15% e dell’altro un decremento delle vendite dei prodotti nutri-grain.

What is the strategy adopted by Kellogg’s ?

Essendo ormai prossima la fase del declino del prodotto ed il conseguente pun3to di non ritorno. L’azienda si trovò dinnanzi ad una duplice scelta : 1) Ritirare il prodotto dal mercato 2) Rivitalizzare la vita del prodotto. Dopo attenta analisi Kellogg’s decise di rilanciare il prodotto sul mercato, mediante l’utilizzo di un rinomato modello di marketing, conosciuto anche come le “ 4P”

Re-brand Strategy For Nutri -Grain:

4Fondamentale ai fini del rilancio del prodotto sul mercato, fu l’implementazione di una Re-brand Strategy, volta a rivitalizzare l’immagine del marchio percepito come poco persuasivo agli occhi dei consumatori. Nel dare un nuovo volto al Brand, la strategia adottata da Kellogg’s fu quella di individuare le caratteristiche che rendevano il prodotto unico, modellando la new brand image su queste. Dopo attenta analisi fu evidenziato che il mercato è maggiormente caratterizzato da un gruppo di consumatori definiti “Realistic Snackers”, persone attente alla linea ma desiderose di preservare il gusto del dolce. Pertanto la strategia di rebranding adottata da Kellogg’s, mirò al soddisfacimento delle esigenze percepite dai consumatori predominanti sul mercato .

Re-Launch Strategy :

La Re-launch strategy adottata da Kellogg’s fu incentrata sulle 4 parti del marketing mix:

  • Prodotto: azioni di miglioria apportate alla composizione dei prodotti , al fine di rendere quest’ultimi più affini alle esigenze di gusto dei consumatori
  • Prezzo: creazione di nuovi livelli di prezzo, non più basati su politiche promozionali
  • Comunicazione : incrementi pubblicitari finalizzati alla promozione dei prodotti nutri-grani
  • Distribuzione : adozione di una politica di distribuzione intensiva, finalizzata alla copertura massima dei punti vendita con i prodotti nutri-grain.

 

Results :

Dopo il seguente Re-Launch del prodotto sul mercato si registrò :

1) un incremento delle vendite di quasi il 50%

2) L’acquisizione di un nuovo target di consumatori

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3) un incremento della frequenza di acquisto.

 

Gli anni seguenti il re-launch furono caratterizzati da un costante aumento delle vendite ed oggi il brand Nutri-Grain è uno dei protagonisti affermati della famiglia Kellogg’s, presente in differenti varietà di gusti.

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A cura di
Marzia Russo

Digital Marketing: passato, presente e futuro – UBES

Venerdì 2 dicembre, il plesso di San Francesco ha visto i membri di USiena Business and Economics Society dibattere ed approfondire il tema dell’Online Advertising e dell’Affiliate Marketing, spaziando dalla parte più tecnica del Digital Advertising fino a giungere all’analisi delle metriche utilizzate per la misurazione delle performance delle campagne pubblicitarie online.

Introducendo il tema, la socia Francesca Monaco ha definito l’Online Marketing (o Online Advertising) come l’insieme di attività che sviluppano, attraverso l’utilizzo delle tecnologie digitali, una comunicazione integrata, mirata e misurabile volta ad acquisire e fidelizzare i clienti, costruendo strette connessioni con questi ultimi. Tale branca del marketing permette di promuovere prodotti e servizi sfruttando le capacità e le potenzialità del web, coinvolgendo i consumatori e dando così vita a solide relazioni.

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Una delle forme pubblicitarie più diffuse sul web è il banner advertising. Questo tipo di messaggio promozionale, di solito molto accattivante, viene visualizzato quando la pagina che lo contiene viene aperta da un browser. Ritenuto il precursore della comunicazione pubblicitaria online, esso può essere statico o interattivo e ha lo scopo di attirare il maggior numero di utenti possibile su una determinata pagina o sito web.

La funzione dei banner, in sostanza, è simile a quella degli annunci pubblicitari tradizionali: comunica agli utenti l’esistenza di un prodotto, un’offerta o un servizio. Come le altre forme di web advertising, anche una campagna di banner ad richiede una continua attività di analisi al fine di determinarne l’efficacia.

Oltre ai banner tradizionali (frame ad), si sono diffusi successivamente altri strumenti per la pubblicità online, alcuni dei quali più efficaci ed in grado di attrarre più visitatori. Tra i più conosciuti ci sono:

  • il Pop-up, tipologia di annuncio visualizzato in una nuova finestra che appare sovrapponendosi alla finestra iniziale del browser che l’utente aveva richiesto;
  • attraverso il Pop-under, invece, il messaggio pubblicitario compare in una nuova finestra posta al di sotto della finestra iniziale del visitatore;
  • il Floating ad è un annuncio che compare per coprire la pagina che l’utente stava visitando e, dopo un intervallo di tempo prestabilito, scompare o diventa meno evidente;
  • l’Expanding ad si differenzia rispetto ai precedenti banner poiché, in questo caso, l’annuncio si               espande e ciò accade solo dopo un determinato intervallo di tempo trascorso sulla pagina o a seguito dello scorrimento del mouse sulla sezione destinata alla pubblicità.

A seguire, Valerio Buonadonna ha analizzato il fenomeno dell’Affiliate Marketing portando all’attenzione dei presenti alcuni casi aziendali particolarmente interessanti.

Come ha chiarito Valerio, per sistemi di affiliazione s’intende la tipologia di marketing basato sulle performance in cui il business premia gli affiliati .

Questa tipologia di marketing viene frequentemente utilizzata da società il cui scopo principale è vendere prodotti all’interno del mercato e-commerce.

Più in concreto, possiamo analizzare il caso di un azienda leader nel settore come Amazon, che ormai da tempo predilige questa politica di marketing.

Il programma di affiliazione Amazon è un’iniziativa che permette, a chi possiede un sito web o un blog, di trarre profitto ogni volta che i clienti comprano su Amazon.it passando attraverso un link pubblicitario presente sul proprio sito.

Questo programma, offre un’ampia scelta di strumenti, in modo tale da creare un collegamento diretto dal proprio sito web a quello di Amazon.

Ad oggi gli strumenti più utilizzati possono essere divisi in tre categorie.

  • Link ai prodotti

Crea un link ad uno specifico prodotto su Amazon e mostra qualche informazione su quel prodotto. Lo strumento dei collegamenti ai prodotti permette di realizzare link di testo e immagini personalizzati che rimandano direttamente a dei prodotti su Amazon.
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  • Banner

Crea un collegamento alle categorie Amazon o alle promozioni utilizzando eleganti banner.

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  • Site Stripe

La Site Stripe permette di creare i link direttamente dal sito Amazon.

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Amazon riconosce al sito web affiliato una percentuale sulle vendite che parte dall’ uno fino ad arrivare al dieci per cento, in base alla categoria di prodotti venduti.

Molte aziende del settore preferiscono il sistema di affiliazione marketing poiché utilizza un metodo “pay for performance” riducendo i costi e massimizzando il risultato finale, costituendo così un enorme vantaggio ai fini commerciali.

 

“Il Marketing più efficace è quello che non si vede” il caso Diamond Shreddies

Gli Shraddies, prodotti per la prima volta nel 1939, sono dei cereali a base di grano integrali commercializzati dal gruppo Nestlè in Canada, Nuova Zelanda e Regno Unito.

Nel gennaio 2008, l’azienda ha lanciato una nuova campagna pubblicitaria per i cosiddetti “Diamond Shreddies” ruotando semplicemente di 45° la forma originale del prodotto, rendendola così simile ad un diamante.

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Incredibilmente la reazione dei consumatori alla campagna si è tradotta in un aumento statisticamente significativo delle vendite. Nello stesso anno la campagna pubblicitaria è stata vincitrice del premio Clio Awards, programma annuale che riconosce l’innovazione e l’eccellenza creativa di pubblicità e design.

Grazie al successivo intervento del socio Andrea Tinè, è stato possibile assistere ad una spiegazione dettagliata relativa alla parte più tecnica del Digital Advertising.

Partendo dalla Profilazione, cioè l’elaborazione dei dati relativi agli utenti per suddividerli in gruppi in base a gusti, interessi e comportamenti, Andrea ha introdotto il concetto di Targeting. Esso rappresenta la possibilità di selezionare un determinato gruppo di utenti e consumatori da colpire con la propria pubblicità, garantendo affinità fra l’offerta e la domanda.

Una volta individuato il proprio target, soprattutto quello che ha già interagito in passato con le proprie inserzioni pubblicitarie, è possibile inoltre effettuare un’operazione di Retargeting.
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Cos’è il Retargeting? È la pratica di tracciare (solitamente attraverso cookie) chi ha già mostrato interesse verso il brand o il proprio prodotto, in modo da proporgli ulteriormente determinate offerte, soprattutto nel caso in cui il prospetto non abbia compiuto l’azione desiderata dal marketer (ad esempio non lasciando le informazioni di contatto) o non abbia ancora effettuato un acquisto.

Uno degli esempi lampanti di come il Retargeting sia ormai una pratica piuttosto diffusa, è l’uso che ne fanno colossi del calibro di Amazon. E’ molto frequente, infatti, ritrovare i prodotti precedentemente visualizzati su molte altre pagine web, ma anche all’interno delle e-mail promozionali che si ricevono in seguito alle proprie visite al loro sito.

Dopo aver dato un’occhiata a questi concetti base, si è passati all’analisi delle metriche utilizzate per misurare le performance delle campagne pubblicitarie online: le Impressioni; il CPM; il CPC; il CTR; il CPA e la Frequency.

Le Impressioni sono la misura totale del numero di volte in cui un individuo ha visualizzato l’annuncio pubblicitario.

Il CPM (Cost per Mille) delle Impressioni, è il costo per mille impressioni ricevute all’annuncio e viene di solito calcolato in base a come reagisce all’annuncio il target selezionato. Di solito, più è reattivo il target più il costo è basso.

Il CPC (Cost per Click) è invece il costo per ogni click ricevuto all’inserzione pubblicitaria.

La CTR (Click-Through Rate) è il rapporto fra il numero di impressioni ed il numero di click ricevuti dall’inserzione. Più tale rapporto è alto, più basso sarà il CPM ed il CPC. Questa è una delle metriche fondamentali più importanti.

Il CPA (Cost per Acquisition) è il costo che l’advertiser paga ogni volta che acquisisce un nuovo cliente o viene compiuta un’azione specifica da esso (ad esempio lasciare i dati di contatto).

L’ultima metrica introdotta è stata la Frequency, che è la frequenza con cui lo stesso prospetto visualizzerà l’annuncio. E’ possibile fare in modo che sia alta, così che la stessa persona veda più volte l’annuncio pubblicitario e prenda familiarità con il brand, l’azienda o il prodotto/servizio che si promuove (Brand Awareness).

Dopo aver parlato di come queste meccaniche fondamentali vadano ad incidere sui costi pubblicitari online, è stato approfondito il tema dell’affiliate marketing, già accennato in precedenza, e considerato uno dei pilastri del digital marketing.

I sistemi di affiliazione, essendo sistemi di vendita basati sulle performance dirette e quindi sui risultati, permettono ad un’azienda di avere un numero virtualmente infinito di addetti alle vendite, pagando agli affiliati una percentuale esclusivamente sugli introiti effettivamente ricevuti.

Come funzionano? Essi funzionano grazie a sistemi di Tracking, attraverso l’adozione di URL univoci per ogni affiliato, e di Cookie per identificare i consumatori targettati e trasformati in clienti da quello specifico affiliato.

Ad oggi, si sono rivelati ottimi sistemi per incrementare le vendite ed il futuro appare roseo.

Ma prima di passare la parola alla socia Martina Polemi, Andrea ha concluso il suo intervento illustrando la tipica struttura di una campagna di affiliate marketing.

Martina ha introdotto poi, il cosiddetto fenomeno delle filter bubbles, che molti ritengono aver colpito il web e in particolare alcuni social network .

In cosa consiste? Una filter bubble si manifesta attraverso la personalizzazione dei contenuti e delle pagine internet, creata tramite algoritmi e basata sulle preferenze mostrate dall’utente durante la sua passata esperienza sul web.

Vi è mai capitato di vedere ripetutamente lo stesso tipo notizie, pubblicità o post?
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Questo accade perché gli algoritmi studiano i nostri comportamenti: stabiliscono quali siano le notizie di maggior interesse per noi, o comunque selezionano una sfera di contenuti in linea con gli interessi manifestati, e ce li ripropongono in modo costante.

Questo fa si che ognuno di noi abbia una visione della realtà (virtuale) modellata esclusivamente su preferenze, interessi e opinioni uguali o simili alle proprie.

Non c’è dubbio quindi che, per certi versi, questo tipo di dimensione sia rassicurante: vediamo solo quello che vogliamo vedere, facciamo solo quello che vogliamo fare, cerchiamo solo chi o cosa vogliamo cercare. Nessuno che ci contraddice, contesta, critica.

L’estrema conseguenza di ciò è stato il dilagare di video games e dispositivi che permettono di entrare e muoversi nella cd. “virtual reality”: una tecnologia che permette la simulazione di suoni e sensazioni, riprodotti in un ambiente virtuale, nel quale il soggetto è totalmente immerso.

Esperienze di questo tipo sono oggi fornite anche da molte grandi compagnie, che hanno sfruttato il crescente interesse dei clienti ad immergersi in avventure virtuali, per pubblicizzare i propri prodotti. Spesso basta poco: uno smartphone ed il gioco è fatto!

Verrebbe da chiedersi se la nostra vita non stia diventando uno spot pubblicitario.

Francesca Monaco

Valerio Buonadonna

Andrea Tinè

Martina Polemi

“Al centro di ogni attività ci siete voi, le persone, quello che ognuno di voi esprime” – Giorgetti racconta ad UBES l’Industria 4.0

“Oggi il valore si crea attraverso la comunicazione.” È stata questa incisività che venerdì 21 Ottobre ha catturato l’attenzione di tutti i partecipanti all’incontro organizzato da USiena Business & Economics Society nel Presidio San Francesco dell’Università degli Studi di Siena.

Tale incontro ha visto come protagonista Giovanni Giorgetti, CEO e fondatore di ESG89 Group, che dinanzi ad una platea di studenti e professionisti ha trattato i temi della comunicazione social e dell’ ascesa dell’ Industria 4.0.

ESG89 Group da 27 anni si impegna a realizzare analisi economiche e ad offrire soluzioni strategiche a valore per comprendere il proprio mercato di riferimento, migliorare la brand reputation ed utilizzare al meglio gli strumenti messi a disposizione dalla rete. Inoltre, individua le esigenze del cliente e i valori che vuole sviluppare al fine di produrre il proprio posizionamento strategico all’ interno del mercato ed, infine, elabora la strategia migliore in modo da raggiungere il goal il prima possibile e con il massimo ritorno dell’ investimento.

ESG89 Group considera il Social Media Marketing il proprio punto di forza.

Per Social Media Marketing s’intende la gestione della comunicazione integrata sulle varie piattaforme social media ampiamente utilizzate (Facebook, Twitter, Youtube, LinkedIn, ecc.). Attraverso questa branca del marketing specializzata nei canali social media, ogni azienda, di qualsiasi dimensione, entra in contatto diretto con il target di riferimento testando il proprio grado di coerenza, affidabilità e trasparenza. In sostanza si tratta di attività che utilizzano i social network come veicolo per aumentare la brand awareness, identificare potenziali consumatori, migliorare la brand reputation, influenzare il desiderio, generare contatti e, infine, costruire relazioni significative con i clienti.

Sviluppare relazioni paritetiche, instaurare affinità e favorire l’ interazione con il consumatore porta, inevitabilmente, la comunicazione ad un altro livello. Quest’ ultima, infatti, smette di essere unilaterale e si genera così il cosiddetto engagement che permette di ricevere feedback, opinioni e consigli. In quest’ ottica i consumatori non sono visti solamente come destinatari passivi del messaggio ma anche come promotori attivi dello stesso. È questo l’ aspetto innovativo e rivoluzionario rispetto al marketing tradizionale destinato a perdere efficacia.

Come ha ricordato più volte il nostro ospite Giovanni Giorgetti, i social network non sono gli attori principali in questo scenario economico in perenne cambiamento bensì sono lo strumento, il mezzo prezioso e utile al confronto.

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“Al centro di ogni attività ci siete voi, le persone, quello che ognuno di voi esprime”, ha affermato il nostro ospite.

Purtroppo bisogna ammettere che questi nuovi strumenti di comunicazione influenzano i nostri desideri e bisogni. Basti pensare alla nostra quotidianità e al numero di volte in cui ne facciamo uso o addirittura abuso.

Se, infatti, analizziamo alcune statistiche che mostrano il tempo che ciascun social media ha impiegato per raggiungere 50.000.000 di utenti notiamo che: per la Radio ci sono voluti 38 anni; per la TV 13 anni; mentre Internet ha conseguito questo risultato in soli 4 anni.

Il fondatore di ESG89 Group, che si occupa di supportare la business brand reputation dei propri partner, ha poi introdotto il tema della reputazione evidenziando come oggi sia facilissimo reperire informazioni a riguardo grazie alla rete.

Cos’ è la brand reputation? È il livello di popolarità che un marchio assume agli occhi del consumatore. Jeff Bezos, fondatore e CEO di Amazon.com, sostiene che:

“La reputazione è quello che la gente dice di te dopo che hai lasciato la stanza.”

Il valore più rilevante che la brand reputation può apportare al marchio è la fiducia in quanto essa è alla base di un rapporto stabile e duraturo tra i clienti e la marca. Al tempo stesso, la brand reputation include la stima e la considerazione che i clienti attuali e potenziali hanno del brand. Per raggiungere tale scopo, il brand reputation management si occupa d’ innalzare il valore che ogni consumatore assegna al prodotto, aumentando così il brand equity. “La brand reputation s’innalza quando è coniugata con bilanci o attività legate a risultati economici eccellenti”, ha asserito Giorgetti aggiungendo che avere una buona reputazione non implica che un’ azienda non commetta errori. Probabilmente essa è più brava nel comunicare piuttosto che nel commettere sbagli. D’ altro canto, il crescente numero degli utenti del web e l’ estrema democraticità del mezzo rendono molto complesso il controllo dell’ andamento e dell’ evoluzione delle comunicazioni da parte del management dell’azienda.
Il CEO di ESG89 Group ha posto la nostra attenzione sul fatto che: “Oggi non esiste un’ azienda di successo che non abbia una comunicazione interna ed esterna vincente.” Una comunicazione persuasiva e convincente che divulghi un messaggio, non invadente, volto a creare interesse e a stimolare interazione con gli utenti, accresce la visibilità e la competitività sul web.

Successivamente il nostro ospite ha illustrato all’ attenta platea di partecipanti cosa s’intende per Industria 4.0 un fenomeno di grande attualità.

L’ Industria 4.0, o Quarta Rivoluzione Industriale, è l’ espressione utilizzata per descrivere i cambiamenti in atto nei processi industriali grazie ai dispositivi digitali e alla sostituzione del lavoro umano con quello di macchine dotate d’ intelligenza artificiale. Il motore di questa rivoluzione risiede nella facilità d’ accesso ad una vasta quantità d’ informazioni e dati economici che chiariscono le dinamiche attuali e rendono agevole la previsione di quelle future. Questo fenomeno si caratterizza anche dall’ utilizzo di tecnologie come il Cloud Computing, cioè la “nuvola informatica” che permette di accedere alle informazioni grazie alla rete, e il Big Data, che consente la raccolta e l’ analisi di numerosi dati con procedure informatiche avanzate. La portata rivoluzionaria è nella nuova produzione industriale automatizzata, interconnessa e più efficiente.

Cambieranno, con molta probabilità, anche le competenze e le abilità ricercate, ad esempio si prevede che nel 2020 il problem solving rimarrà la soft skill più richiesta mentre il pensiero critico e la creatività diventeranno più essenziali.

Ma l’ economia del futuro, come ci ha rammentato il nostro ospite, non può prescindere dalla contaminazione e dalla condivisione, temi centrali dell’ Industria 4.0. Tale dematerializzazione dell’ economia vede la sua centralità nell’ idea vincente e nella sua condivisione al solo fine di diffondere benessere.

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L’ultima parte dell’ incontro, invece, ha visto i partecipanti porre domande che hanno toccato i temi più disparati dell’ economia: dalle startup ai diversi approcci alla comunicazione da parte delle aziende del nord e sud d’ Italia. Inoltre, ESG89 Group è composto da una molteplicità di figure professionali che rendono versatile il team di lavoro (creativi, sviluppatori, grafici, web designer, social media marketer, ecc.) e questo aspetto ha incuriosito gli studenti presenti interessati a sapere quali sono le skills maggiormente richieste a coloro i quali muovono i primi passi nel mondo del lavoro.

L’incontro si è concluso con i preziosi consigli dell’ospite e con il suo invito a non svendere il proprio capitale umano, bensì ad investire sulla propria formazione.

A cura di Francesca Monaco
( USiena Business & Economics Society)

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UBES presenta “USiena Alumni incontra gli Studenti”

USiena Business & Economics Society è lieta di invitarvi all’incontro “USiena Alumni incontra gli Studenti”, organizzato nell’ambito di “CONNESSIONI – Raduno Annuale Alumni”.

Il 24 giugno, alle ore 15.00, in aula F. Romani al Presidio di San Francesco, saranno con noi:

Gianluca Russo – Trade Marketing Professional @ Barilla
Monica Lombardo – Marketing & Sales Controller @ McDonald’s

I nostri ospiti ci parleranno del loro percorso post-laurea, dell’ingresso nel mondo del lavoro e delle attuali posizioni che ricoprono. Inoltre offriranno consigli, frutto della loro esperienza, su come scrivere un CV efficace e come affrontare al meglio un colloquio in aziende del calibro di Barilla e McDonald’s.

Successivamente risponderanno alle domande degli interessati.

L’evento è gratuito ed aperto a tutti gli interessati.

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